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Settembre 2019
Sentenza della Cassazione: sanzione interdittiva ex d.lgs. 231/2001 solo in caso di profitto rilevante o di reiterazione dei reati.
Con sentenza n. 38115 del 2019 la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso presentato dalla difesa di una società in nome collettivo, operativa nella fornitura di apparecchi protesici per il trattamento delle ipoacusie, punita con una sanzione interdittiva per il vantaggio ottenuto attraverso la consumazione di una serie di truffe ai danni di un ASL.
La Corte di Cassazione ha ritenuto che la misura interdittiva fosse stata applicata in modo illegittimo in quanto non in linea con le prescrizioni previste nell'articolo 12 del decreto 231/2001. Nello specifico non ha ravvisato l'esistenza del rilevante profitto e nemmeno della reiterazione dell'illecito che si configura solo quando l'ente, già condannato in via definitiva almeno una volta per illecito dipendente da reato, ne commetta un altro nei cinque anni successivi alla condanna definitiva.
La Cassazione sottolinea poi che in tema di responsabilità amministrativa degli enti il reato contestato alla persona fisica deve corrispondere a quello chiamato a fungere da presupposto per la responsabilità della persona giuridica. La separazione delle posizioni processuali di alcuni degli imputati del reato presupposto per effetto della scelta di riti alternativi non incide sulla contestazione formulata nei confronti dell'ente, né riduce l'ambito della cognizione giudiziale, dovendo il giudice procedere a una verifica del reato presupposto alla stregua dell'integrale contestazione dell'illecito formulata nei confronti dell'ente, accertando l'esistenza o meno delle altre condotte poste in essere dai coimputati nell'interesse o a vantaggio dell'ente.